Aeroporto Nicelli

Lido di Venezia


  • LE ORIGINI

    Il primo volo di un aeroplano su Venezia, un Farman II francese, pilotato dal campione automobilistico Umberto Cagno, risale al 1911 e fu il risultato di una iniziativa pubblicitaria della Compagnia Italiana Grandi Alberghi per attirare e divertire la ricca clientela.

    Dopo quella prima esperienza, le esibizioni aeronautiche continuarono e, nella primavera del 1914, una pubblicità dell'Hôtel Excelsior avvertiva i futuri clienti che ci sarebbero stati a disposizione due idrovolanti, per il loro divertimento. Lo scoppio della prima guerra mondiale annullò l'iniziativa.

    L'importanza della città lagunare come base di idrovolanti militari fu ben presto compresa dalla Marina Militare, che il 25 aprile 1913, Festa di San Marco, battezzò la nascita della prima squadriglia di idrovolanti al mondo, con il nome appunto di San Marco e con sede presso l'Arsenale. Alla squadriglia era annessa la scuola di pilotaggio, realizzandosi in tal modo un progetto proposto sin dal 30 ottobre 1912 dal capitano di fregata Ludovico de Filippis, brevettato a Centocelle nel 1910 e vice-ispettore dei Servizi Aeronautici del Ministero della Guerra sin dal 6 aprile 1911. In un primo tempo, l'attività della scuola si svolge in Canale delle Vergini, presso l'Arsenale, ma poco dopo viene trasferita sul nuovo idroscalo, realizzato nel canale del forte di S. Andrea, nell'Isola delle Vignole, non lontano dalla bocca di porto del Lido. L'organico della scuola è costituito dalla Squadriglia S. Marco, che utilizza inizialmente 8 idrovolanti di tipo eterogeneo (un idro Ginocchio, tre Borel 100 Hp, un Borel 80 Hp, due Curtiss Paulham 1912 e un Bréguet).

    Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Venezia fu facilmente esposta agli attacchi dei bombardieri austriaci, che colpirono la città fin dal primo giorno.

     
    D'Annunzio con i piloti della Escadrille de Venise. Alla sua destra il Console francese

    Per difendere la città lagunare dagli attacchi dall'alto, fu necessario ricorrere all'aiuto dell'alleato francese, rappresentato da una squadriglia di caccia terrestri, l'Escadrille N 92 i - N 392 - N 561, dotata di aerei Nieuport in vari modelli; essa, dal giugno 1916, passò dai Nieuport 10 ai Nieuport 11 e, nel successivo ottobre, ai Nieuport 17. La squadriglia, nota anche come Escadrille de Venise, ebbe come base operativa, dal dicembre 1915, il campo del Forte San Nicolò al Lido. I reparti dell'aviazione italiani e francesi operarono con efficacia in numerose missioni di ricognizione, bombardamento di basi nemiche e difesa della città. Dall'11 marzo 1918, il Lido vide anche la nascita della 1ª Squadriglia navale S.A. (o Prima Squadriglia Navale Siluranti Aeree), al comando dello scrittore e maggiore Gabriele d'Annunzio, che vi rimase fino all'autunno 1919. Nella tarda primavera 1918 vi nacque anche la 241ª Squadriglia.

    Dopo la guerra, il 18 agosto 1926, dalla pista dell'aeroporto di San Nicolò al Lido decollò il primo aereo di linea italiano, operato dalla società Società Anonima Transadriatica. Il volo era diretto a Vienna via Klagenfurt ed era effettuato con trimotori Junkers G 24. L'aeroporto del Lido, battezzato “Giovanni Nicelli”, divenne il primo aeroscalo d'Italia. La linea venne estesa l'anno successivo a Roma-Foligno-Venezia-Vienna, da parte sempre della Società Anonima Transadriatica.

    Negli anni Cinquanta, per l'aeroporto iniziò il declino; tutte le compagnie che vi operavano si trasferirono, prima a Treviso (1953) e poi al nuovo aeroporto di Tessera (1960). Nel 1974 anche le Officine Aeronavali vennero spostate a Tessera. L'aeroporto, per anni, rimase attivo solo grazie al locale Aeroclub.

    La sua aerostazione è l'unica in Italia ad essere rimasta indenne dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e testimonia, oggi, il tipico stile architettonico delle aerostazioni anni '30; in essa, vi è un affresco raffigurante una mappa delle linee aeree del periodo.

    L'aeroporto è intitolato al Serg. Giovanni Nicelli (1893-1918), pilota dell'Aeronautica, 79ma Squadriglia, caduto in combattimento nel marzo 1918; asso della I Guerra Mondiale con 8 (o 9) vittorie confermate, decorato con 3 Medaglie d'Argento.

    (da Wikipedia)

  • VOLARE A VENEZIA

    di Bruno Delisi
    Quando i veneziani vedono piovere i razzi incendiari sulla città assediata in quel lontano agosto del 1849 non si preoccupano eccessivamente, anzi rimangono quasi stupiti di vedere i palloni ad aria calda del maresciallo Radescki che hanno clamorosamente sbagliato bersaglio: è il primo bombardamento aereo della storia. 

    Passano gli anni, Venezia torna all’Italia, e ai primi del secolo scorso il Corpo degli Aerostieri, in seno agli specialisti del Genio, compiono con un pallone equipaggiato con macchine fotografiche il primo rilevamento aereo della città. Arriva in volo il primo dirigibile e il Regio incrociatore Elba entra in laguna con draken a bordo per effettuare un’altra serie di rilevamenti aerofotografici. È cominciata l’era dell’aviazione moderna, perché solo da pochi anni al di là dell’Atlantico hanno volato i fratelli Wright e, come sempre, Venezia si sarebbe trovata coinvolta anche nel nuovo strumento di volo. 

    19 febbraio 1911: Piazza San Marco è gremita di folla, c’è un ronzio inconsueto che fa alzare al cielo migliaia d’occhi, l’evento storico è importante perché il pilota torinese Umberto Cagno per la prima volta ha portato il suo aeroplano, un biplano Farman, nel cielo di Venezia. Poi è la volta di Giulio Gavotti che sorvola la laguna provenendo dal campo militare di Aviano. 

    Ma è proprio il Lido che diventa protagonista del bel volo di un aereo di concezione italiana, il monoplano Caproni Ca.9 dotato di motore Anzani da 60 cv: il 22 aprile 1912 il pilota collaudatore Enrico Cobioni arriva su Venezia a circa 600 metri, spegne il motore, scende in volo librato sino a 200 e con una manovra elegante si dirige verso la spiaggia “causando nella folla un brivido di commozione” annoterà il cronista. Dalla tradizionale spianata dell’Excelsior il pilota decolla e porta in volo numerosi appassionati, il signor Weil diventa così il primo passeggero pagante in Italia, poi i signori Gionco e Rossetti del Lido e c’è anche un certo Giulio Antonelli che scatta le prime immagini di Venezia vista dall’aeroplano. 

    L’anno successivo, sempre in occasione del 25 aprile, la Regia Marina, erede naturale del ruolo millenario svolto della Veneta Marina in difesa della città, inaugura ufficialmente la Stazione Idrovolanti di Venezia con annessa scuola di pilotaggio, realizzando in tal modo un progetto proposto sin dal 30 ottobre 1912 dal capitano di fregata Ludovico de Filippis, brevettato a Centocelle nel 1910 e vice-ispettore dei Servizi Aeronautici del Ministero della Guerra sin dal 6 aprile 1911. In un primo tempo l’attività della scuola si svolge in Canale delle Vergini, presso l’Arsenale, ma trasferita poco dopo viene trasferita sul nuovo idroscalo realizzato nel canale del forte di S. Andrea, sull’isola delle Vignole, situato presso la bocca di porto del Lido. L’organico della scuola è costituito dalla Squadriglia S. Marco che utilizza inizialmente 8 idrovolanti di tipo eterogeneo (un idro Ginocchio, tre Borel 100Hp, un Borel 80 Hp, due Curtiss Paulham 1912 e un Bréguet). In quei primi anni d’attività è utilizzato anche l’adiacente idroscalo di Punta Sabbioni che, è ancora in uso quando l’Italia entra in guerra nel maggio 1915 ma poi viene abbandonato. 

    Per tutto il primo conflitto mondiale Venezia rimane la principale piazzaforte Italiana a ridosso del fronte e la più importante base navale italiana in alto Adriatico, oltre ad essere un centro industriale, strategico e militare di vitale importanza per lo sforzo bellico del paese. Pertanto nel 1915, approssimandosi la guerra contro gli Imperi Centrali ed essendo ormai chiaro che Venezia si sarebbe trovata quasi a ridosso dell’epicentro del conflitto, la scuola idrovolanti è opportunamente trasferita a Taranto, mentre all’idroscalo di S. Andrea rimane una squadriglia operativa che dovrebbe provvedere sia alla difesa da eventuali incursioni nemiche sulla città, sia alla ricognizione e all’offesa sulle basi navali nemiche in alto Adriatico, a sostegno delle necessità della flotta. In seguito la dotazione di idrovolanti della marina viene notevolmente incrementata nel corso della guerra, passando dall’originaria decina di Albatros in servizio nel 1915 (sostituiti poi dai più efficienti FBA nel 1916) a ben tre squadriglie equipaggiate con gli ottimi Macchi L.3 che, nel corso del 1917, provvedono anche a svolgere parecchie missioni su obbiettivi terrestri, quando le necessità operative del fronte lo impongono, specialmente nei momenti più difficili e in concomitanza con le grandi offensive austriache. Nell’ultimo anno di guerra gli idrovolanti di S. Andrea sono ulteriormente rinforzati, formando un Gruppo Idrocaccia su due squadriglie di Macchi M.5, appositamente concepiti per compiti di scorta agli altri idrovolanti e per la difesa dalle incursioni aere nemiche. Tuttavia, come appare chiaro sin dall’inizio, i pochi idrovolanti basati a S. Andrea non sarebbero stati in grado di difendere efficacemente Venezia in caso d’incursioni aeree nemiche. Alcuni bombardamenti sulla città hanno infatti suscitato grande impressione soprattutto all’estero, tanto che la Francia propone di inviare una propria squadriglia di caccia Nieuport dedicata esclusivamente alla difesa della città lagunare. Soprattutto per motivi diplomatici, oltre che per rinforzare i legami con gli alleati, l’offerta viene accettata di buon grado dallo stato maggiore italiano e già in agosto l’Escadrille N.92/I giunge sul campo di Bezzera, vicino Mestre. Tuttavia tale dislocazione in terraferma non risulta essere la più appropriata dal momento che non consente un rapido ed efficace intervento in caso di attacchi nemici che, ovviamente, provengono sempre dal mare. 

    A questo punto la Marina pensa di ricavare un campo d’aviazione all’interno della piazza d’armi del cinquecentesco forte veneziano di S. Nicolò, situato sull’isola del Lido proprio di fronte all’idroscalo di S. Andrea. La posizione sembra ideale per intercettare gli idrovolanti nemici che avessero attaccato la città dal mare e pertanto il 1 dicembre 1915 la squadriglia francese è trasferita sul nuovo campo. Nonostante l’apparente bizzarria di tale soluzione – il campo risulta infatti circondato da ogni lato dai muraglioni e dai terrapieni del forte – la sistemazione è considerata adeguata perché il forte è comunque molto grande e garantisce uno spazio più che sufficiente al suo interno. La sua posizione consente poi di ospitare i piloti francesi, molti dei quali d’estrazione aristocratica e intellettuale, al Lido, considerato all’epoca una delle località balneari più famose al mondo. A tal fine prevale addirittura l’idea di requisire un albergo turistico nell’abitato invece di acquartierare i piloti all’interno del forte. La squadriglia francese, ribattezzata poi N.392 nell’estate del 1916 e N.561 nel 1917, per tutta la durata della guerra assolve sempre egregiamente il suo compito difensivo, raggiungendo nel 1918 una forza di diciotto piloti e schierando, dopo gli iniziali Nieuport 10, anche i Nieuport 11, 17, 23, 24, 27 e, verso la fine della guerra, anche gli Spad VII e XIII, oltre a un singolo Sopwith 1 1/2 Strutter usato per la ricognizione. 

    L’istituzione del nuovo campo d’aviazione al Lido ha un grande successo, specialmente negli ambienti intellettuali e nell’alta società veneziana, tanto che l’11 marzo 1918 Gabriele d’Annunzio chiede ed ottiene di formare su quel campo la 1a Squadriglia Navale Siluranti Aeree, che avrebbe dovuto silurare le corazzate austriache. Tuttavia, la sua dotazione iniziale di Caproni Ca. 5 non è mai in grado di compiere reali azioni di siluramento navale e la squadriglia viene dotata in seguito anche di SIA. 9b e SVA. 5, coi quali svolge comunque solo un limitato numero di azioni, trattandosi di macchine difficili o non ancora completamente a punto. Per rinforzare poi i reparti aerei operanti sulla piazzaforte, nel maggio 1918 la Marina decide di formare anche una squadriglia da Caccia Terrestre, costituendo la 241a Squadriglia su Han-riot Hd.1 e schierandola naturalmente sul campo di S. Nicolò del Lido, ormai definitivamente consacrato come campo d’aviazione cittadino. Con la fine della guerra i piloti francesi vengono rimpatriati poco dopo l’armistizio, mentre i due reparti della marina di base al campo sono anch’essi definitivamente sciolti entro il novembre 1919. 

    (di Bruno Delisi)
  • LE ALI DELLA RONDINE

    di Bruno Delisi

    DALLA TRANSADRIATICA ALL'ALA LITTORIA

    La smobilitazione postbellica è devastante e si apre un difficile periodo per tutto il Paese. L’arsenale di Venezia, le officine di S. Nicolò e di Sant’Andrea vengono ridimensionato addirittura eliminati. Sull’aero-porto del Lido – che nel frattempo è stato intitolato al sergente Giovanni Nicelli, asso di guerra con otto vittorie caduto in combattimento nel marzo 1918 –l’attività di volo diminuisce sostanzialmente e per alcuni anni esso non viene più utilizzato in maniera regolare, anche se le attività aeree non cessano mai del tutto. Subito dopo il conflitto si sperimentano infatti diversi servizi postali militari, tra cui il Venezia-Trieste-Pola-Fiume attivo tra il 25 novembre 1918 e il novembre del 1919, il Venezia-Vienna (inaugurato il 2 marzo 1919 con un volo ogni tre giorni) e il Torino-Milano-Venezia attivo nel 1920. A questi voli si aggiungono inoltre anche i primi voli passeggeri sperimentali, come quello organizzato il 2 agosto 1919 sulla rotta da Milano-Taliedo a Venezia-S.Nicolò, durante il quale un Caproni 600Hp precipiterà a Verona durante il tragitto di ritorno, causando la morte di tutte le quindici persone a bordo e conquistandosi in tal modo il triste primato della prima sciagura aerea dell’aviazione civile italiana. 

    Soltanto pochi anni dopo, nel 1926, grazie alla lungimiranza e all’entusiasmo di un giovane imprenditore anconetano (d’origine toscana), il ventiquattrenne ingegner Renato Morandi, Venezia inaugura al Nicelli il primo aeroporto civile italiano, quando nemmeno città come Roma e Milano possiedono ancora uno scalo dedicato al traffico civile; lo scalo veneziano rimarrà poi per tutti gli anni trenta il secondo aeroporto italiano, superato solo da quello romano del Littorio che, sebbene inaugurato ‘soltanto’ nell’aprile del 1928, diventa presto il principale scalo del regno, concentrandovisi naturalmente gran parte del traffico aereo della capitale. Infatti, dopo tanti progetti e numerose attività sperimentali, il 31 gennaio 1926 viene finalmente convertito in legge il Regio Decreto n. 3176 del 18 ottobre 1923, che prevedel’istituzione di regolari servizi aerei in concessione con un notevole contributo economico dello stato (in alcuni casi fino al 50 percento del costo d’esercizio). Questo atto legislativo costituisce il presupposto fondamentale che rende possibile entro la fine dell’anno l’avvio di alcune linee aeree passeggeri gestite da ben quattro diverse compagnie di navigazione aerea. Il primato spetta notoriamente alla società S.I.S.A. di Trieste che già il primo aprile compie il volo inaugurale sulla linea Trieste-Venezia-Pavia-Torino con 4 idrovolanti Cant 10. I servizi regolari su quella rotta iniziano poi il 16 giugno con frequenza giornaliera, esclusa la domenica. 

    Nello stesso periodo Morandi decide di trasferire a Venezia (18 aprile 1926) la Società Anonima di Navigazione Aerea Transadriatica, da lui fondata sul finire del 1925 ad Ancona insieme al fratello Mario e all’avv. Domenico Giuriati, un ex pilota militare. La società ha come scopo sociale la gestione di servizi aerei, e sembra che ad Ancona utilizzasse in origine alcuni idro Macchi M.18, ma scegliendo ora come base d’armamento il campo del Lido, riesce effettivamente a trasformarlo in breve nel principale polo di sviluppo dell’aviazione civile terrestre in Italia. 

    Mentre infatti tutte le altre iniziative nel campo delle linee aree civili operano allora con idrovolanti e sono basate quindi unicamente su idroscali, il campo d’aviazione veneziano diventa, in effetti, il primo vero aeroporto terrestre dell’aviazione commerciale in Italia. Il motivo per cui la Transadriatica è in effetti l’unica compagnia aerea italiana che inizia ad operare con aerei terrestri va ricercato nel fatto che Morandi ha acquisito una solida preparazione tecnico-operativa su tale tipo di aeroplani sin da quando, ancora studente, ha casualmente conosciuto a Napoli la famiglia del professor Hugo Junkers, celebre per essere stato l’inventore dello scaldabagno a gas e famoso costruttore degli unici aerei al mondo, a quei tempi, appositamente concepiti per il trasporto passeggeri e di costruzione interamente metallica. 

    La Germania è allora all’avanguardia in quel campo anche perché, a causa delle limitazioni del trattato di pace, non può costruire aerei militari. Renato Morandi viene invitato in Germania per visitare gli stabilimenti Junkers di Dessau e qui acquisisce quelle esperienze che diventeranno fondamentali per la sua successiva attività imprenditoriale. Al suo ritorno ha già idee talmente chiare che non si limita ad acquistare una flotta di aerei Junkers mono e trimotori, ma assume anche direttamente del personale tecnico proveniente dalla ditta tedesca che gli avrebbe consentito di organizzare efficacemente in proprio la manutenzione la trasformazione e la rimotorizzazione dei propri aerei ed in seguito perfino la costruzione di interi apparecchi per la propria compagnia. In tal modo vengono seminati al Lido anche gli embrioni di quell’eccezionale patrimonio d’esperienza che avrebbe poi dato vita alle famose “Officine” della Transadriatica, divenute in seguito dell’Ala Littoria e infine, nel secondo dopoguerra, Aeronavali. 

    Sempre in quel lontano 1926 il Sottosegretariato all’Aeronautica pubblica un annuario aeronautico, dove il campo di Venezia è classificato come ‘Aeroporto civile per aeroplani’, sulle rotte (non ancora operative ma evidentemente già nei piani della neonata direzione dell’aviazione civile) Torino-Trieste, Venezia-Udine, Venezia-Ferrara e sue diramazioni. Il documento descrive accuratamente anche le notevoli difficoltà d’avvicinamento al campo, in quanto “gli abitati, le batterie, i muraglioni del forte e le piante, oltre a rendere impossibile un atterraggio forzato nei dintorni, costituiscono una catena continua di ostacoli per l’atterraggio, elevata lungo la periferia del campo”. Ricavato all’interno del cinquecentesco forte veneziano, il campo mantiene ancora le stesse strutture del tempo di guerra, costituite (sempre secondo la descrizione di quello stesso annuario) da due hangar tipo Pasqualini e Vienna, da una palazzina con tre camere disponibili per l’alloggio del personale e dei passeggeri e da una baracca, oltre alla pista di 850 metri per 150, definita “con fondo buono, pianeggiante, ricoperto d’erba e sufficientemente permeabile”. Sul campo non esistono ancora né un’officina né il servizio telegrafico, e si dipende dall’attiguo idroscalo di S. Andrea per il servizio doganale e dalla caserma d’artiglieria situata all’interno del forte per l’infermeria. 

    Così il 18 Agosto 1926, con grandi festeggiamenti, intervento d’autorità locali e alla presenza dello stesso sottosegretario all’aeronautica, generale Mario Bonzano, viene inaugurata la linea aerea Venezia-Vienna via Klagenfurth, dallo Junkers F.13 immatricolato I-BATB (nc. 698) ai comandi dal capo pilota della Transadriatica Riccardo Pasquali; il giorno dopo lo stesso aereo rientra a Venezia. La linea è poi esercita con voli giornalieri, domenica esclusa, sempre con gli affidabili Junkers F.13 che potevano trasportare fino a 4 passeggeri, oltre al pilota e al meccanico. Altri cinque aerei dello stesso tipo (I-BATC, I-BAVB, I-BBAS, I-BBCA e I-AEDO) entro in servizio, mentre a partire dal 31 gennaio 1927 la linea viene prolungata fino a Roma, impiegando lo Junkers G.24, un trimotore in grado di trasportare 9 passeggeri e tre membri d’equipaggio comparso nella flotta della società (I-BAUS e I-BAZI) sin dall’ottobre 1926. Il servizio con Roma (Montecelio) è quotidiano (regolarizzato poi dalla convenzione col ministero del 20.11.27 - R.D. del 4.12.27 n. 2843), mentre la tratta Venezia-Vienna (Aspern) nei mesi invernali, da ottobre ad aprile, diventa trisettimanale a giorni alterni, in pool con la Österreichische Luftverkehrs A.G. che gestisce il servizio negli altri giorni. Scali tecnici sono previsti a Ferrara, Klagenfurth e (dal 1928) Graz, mentre numerosi altri campi di fortuna vengono allestiti lungo la rotta. Soltanto dopo l’inaugurazione dell’aeroporto del Littorio nel 1928 i voli saranno poi trasferiti sul nuovo scalo romano. Nel frattempo, in occasione della visita del Re a Venezia, avvenuta il 4 settembre 1928 dopo una visita alll’idroscalo di S. Andrea, il sovrano si sofferma a lungo sul campo del Lido dove ha passato accuratamente in rassegna tutte le installazioni e l’organizzazione della Transadriatica, complimentandosi con il giovane e dinamico ing. Morandi. 

    L’espansione della compagnia continua anche nel 1929, inaugurando il 21 marzo la nuova linea Venezia-Brindisi via Ancona (campo di Loreto) e Bari, esercìta con frequenza trisettimanale sempre coi fidati 

    Junkers F.13, mentre nel frattempo la flotta sociale si arricchisce anche di uno Junkers W.34 (I-AAMA, trasformato poi anch’esso in F.13 alla fine del 1930) e di un Hamilton 47 (I-ROMA). La nuova rotta è molto più lunga ma molto meno impegnativa, sia dal punto di vista orografico sia delle condizioni meteorologiche, di quelle esercìte in precedenza, poiché tutto il percorso correva lungo il litorale senza attraversare alcuna catena montuosa. Solo più tardi, il 9 aprile 1930, la nuova rotta sarà ufficializzata con la firma della relativa convenzione ministeriale, anche se la rotta trova la sua vera dimensione soltanto quando viene prolungata fino a Monaco di Baviera, in modo da collegare più efficacemente i grandi e ricchi mercati del nord Europa per le merci dei bacini orientali e mediterranei. Tale prolungamento è effettivamente inaugurato, in collaborazione con Luft Hansa, non prima del 2 maggio 1931 ed è poi persino completato da un prolungamento via mare per Alessandria d’Egitto, effettuato coi piroscafi del Lloyd Triestino che partono in coincidenza da Brindisi a partire dal 28 giugno 1931. Nel 1930 vengono inaugurate ancora nuove rotte: la Venezia-Trento il 15 maggio, e la Venezia-Firenze il 9 agosto. 

    Questo entusiasmante periodo d’espansione è però interrotto improvvisamente il 29 ottobre 1930 dalla tragica morte, causata da un banale incidente a terra all’aeroporto romano del Littorio, dell’ingegner Morandi, insostituibile e fondamentale motore della società. Poco dopo la società diventa oggetto delle mire espansionistiche del governo che, con Balbo nominato ministro dell’aeronautica, cerca di realizzare un’unica compagnia aerea sotto controllo statale. Il 23 dicembre 1931 la Transadriatica viene così acquisita dalla Società Aerea Mediterranea di proprietà dello stato che in seguito, sotto la valida guida di Umberto Klinger, realizzerà un’accorta politica di fusioni e concentrazioni fino a quando sarà infine a sua volta ribattezzata Ala Littoria il 28 ottobre 1934, diventando così ufficialmente la compagnia di bandiera. Tutte le attività e le strutture dell’aeroporto di Venezia e in particolar modo le sue famose officine, diventano così di proprietà della compagnia di stato nell’ambito della quale, grazie al proprio patrimonio d’esperienza nella riparazione di strutture metalliche e nella revisione di eliche e motori, avrebbero poi sempre mantenuto il loro primato in ambito tecnico. Per tutti gli anni trenta e fino alla vigilia del secondo conflitto mondiale, lo scalo veneziano mantiene la sua posizione di seconda base operativa dell’Ala Littoria per importanza ed ampiezza di traffico e rimane il polo tecnico di manutenzione principale, arrivando ad impiegare più di cinquecento persone nel 1940. Nel 1935 viene anche inaugurata la nuova moderna aerostazione, già prevista e progettata sin dal 1929, ai tempi dell’ingegner Morandi, dotando finalmente la città lagunare di una struttura veramente moderna e al passo coi tempi. Nel 1936 è anche ottenuto il permesso di ampliare la pista di decollo, modificandone l’inclinazione ed incrementano la lunghezza. Per realizzare tale ampliamento si devono però abbattere la casamatta orientale del ridotto austriaco e tutti i bastioni a mare del forte, oltre a dover livellare quasi completamente il terrapieno esterno del ridotto stesso. 

    (di Bruno Delisi)

  • LE OFFICINE AERONAVALI

    di Bruno Delisi

    All'inizio del 1943 gli addetti alle officine avrebbero raggiunto le 1200 unità e questo semplice dato rende l'idea delle dimensioni che le attività di revisione delle officine veneziane avevano assunto, essendo state nel frattempo estese, durante la guerra, anche ai velivoli della Regia Aeronautica. Dopo la caduta del regime la ragione sociale della compagnia di bandiera fu cambiata ufficialmente in Ala Italiana il 31 luglio 1943, ma successivamente con l'occupazione tedesca del campo e delle officine iniziò un periodo di grandi distruzioni. Nel periodo della sconfitta tedesca tra il 1944 e il 1945 gran parte del patrimonio tecnico e quasi tutte le attrezzature furono trasferite, confiscate, distrutte e perfino sabotate. Si salvarono soltanto la pista e l'aerostazione grazie ad alcuni dipendenti che disinnescarono le cariche che i tedeschi in ritirata avevano già apposto per far saltare tutto l'aeroporto. In compenso durante i giorni della liberazione fu saccheggiato il poco che era rimasto. Tutto ciò non impedì in ogni caso che il campo potesse essere sistemato in qualche modo ed utilizzato dagli alleati che erano giunti al Lido il 29 aprile 1945 con uno Squadron di Spitfire della RAF, occupando l'aeroporto. Gli inglesi ripartirono soltanto pochi giorni dopo, ma il campo fu utilizzato ancora dagli americani nel periodo dell'occupazione militare alleata. Infatti, nell'estate del 1945 gli americani avevano istituito dei campi di riposo per le truppe alleate nelle più famose località balneari. Non potendo il Lido certamente sfuggire a questo strano destino, così come Capri, il 4 luglio 1945, giorno della festa nazionale americana, veniva inaugurato il U.S. Army Rest Center No. 4. e l'aeroporto tornò ad essere per alcuni mesi un importante centro di comunicazione militare da e per la città lagunare. 

    Nel 1946, partiti gli americani, si stava cercando di organizzare la ripresa dei voli civili in Italia, affidati in precedenza ai corrieri aerei militari. Tuttavia nel generale stato di distruzione in cui giacevano mezzi e infrastrutture del paese, il governo non era in grado di realizzare la rinascita del trasporto aereo, mancando i capitali e le risorse necessarie per ricostruire un settore allora non considerato prioritario. Fu così che le principali compagnie aeree sorsero nel dopoguerra col contributo determinante di capitali stranieri: l'Alitalia fu fondata infatti col supporto di capitale inglese (divisione BEA della BOAC), mentre le Linee Aere Italiane nacquero grazie al sostegno dell'americana TWA. Ne conseguiva che nel 1947 il governo italiano, benché l'Ala Italiana formalmente esistesse ancora, anche se soltanto ormai a livello teorico non essendo in grado di esercire alcun servizio di linea, decise di mettere in liquidazione la società e con essa quanto restava delle officine del Lido. Le storiche officine, col loro gran patrimonio tecnico che, dopo gli Junkers, era stato esteso durante la guerra anche alla revisione dei CR.32 e degli idrovolanti di S. Andrea, oltre a mantenere una linea specializzata nella revisione dei motori Alfa Pegasus e derivati, improvvisamente rischiavano di estinguersi anche sul piano formale, dopo aver subito la distruzione quasi totale dei propri impianti. Fu a quel punto che il personale rimasto, per non perdere il posto, inviò a Roma una commissione di quattro operai e due impiegati per convincere il comandante Umberto Klinger, già presidente della SAM e dell'Ala Littoria, a continuare in proprio le attività aeronautiche delle officine veneziane. Nacquero così il 16 settembre 1947 le "Officine già dell'Ala Italiana - Venezia SpA.", affinché non andasse disperso il patrimonio tecnico ed umano di maestranze specializzate in attività aeronautiche. Nei primi anni l'attività, oltre alla revisione di alcuni velivoli residuati bellici fu anche estesa alla revisione di camion e automezzi GMC e alla costruzione di motoscafi, tanto che nel 1949 la denominazione sociale divenne quella di "Officine Aeronavali Venezia-Lido SpA.", ripristinando nel contempo il glorioso simbolo della rondinella azzurra che aveva già contraddistinto il marchio della Transadriatica e dell'Ala Littoria. Nei primi anni cinquanta si dovettero ancora affrontare alcune crisi dovute alla scarsità di lavoro, che furono superate inventandosi di volta in volta nuovi tipi di lavoro. Questi ultimi andavano dalla costruzione di carrozzerie automobilistiche per la Moretti di Torino, alla revisione dei Curtiss C-46 recuperati sui campi in medio oriente e revisionati per conto del governo egiziano e della compagnia aerea brasiliana Varig, alla costruzione di scale d'imbarco e di altri impianti aeroportuali. 

    L'attività principale di manutenzione per conto dell'Aeronautica Militare cominciava nel frattempo a garantire un lavoro regolare e alla revisione dei DC-3 e dei C-45 si aggiunse in seguito anche quella dei T-6. Con queste attività si giunse fino ai primi anni 60, quando l'aeroporto del Lido, che nel frattempo aveva ripreso ad essere l'aeroporto civile di Venezia, cominciava a risultare inadatto ai nuovi aerei a getto che iniziavano ad essere messi in linea dalle compagnie aeree. Pertanto, dopo aver persino studiato la possibilità di allungare ulteriormente la pista verso il mare si cominciò a parlare di un nuovo scalo veneziano in terraferma, da realizzare in Località Ca' Tessera dove già durante la prima guerra mondiale esisteva un campo d'aviazione. Sul nuovo aeroporto le Officine Aeronavali s'istallarono fin dal settembre 1965 in un grande hangar dove potevano giungere facilmente anche i DC-6 e gli altri grossi aerei da revisionare. Da allora la storia delle Aeronavali che per decenni era sembrata indissolubilmente legata a quella del Nicelli sarebbe proseguita in modo autonomo. Le Officine Aeronavali confluirono in seguito nel gruppo Aeritalia e poi Alenia e costituiscono oggi uno dei maggiori siti aeronautici europei, mantenendo la propria specializzazione in revisioni e trasformazioni iniziata sin dal 1926 con le revisioni e la rimotorizzazione dei gloriosi Junkers F-13. Oggi l'attività principale consiste nella trasformazione in cargo dei DC.10 e MD.11 sotto il diretto controllo dell'americana Being-Douglas. E' l'unico stabilimento aeronautico in Europa operante secondo gli standard FAA. Ma questa è un'altra storia, perché le attività OAN continuarono al Lido soltanto fino al 1969, quando la storica sede sul campo del Nicelli fu chiusa definitivamente e solo dopo molti anni di abbandono fu rilevata, nel 1990, dall'industriale bresciano Sorlini, diventando così la sede delle Officine Aeronautiche Sorlini Srl. Tutto lo stabilimento fu completamente ricostruito e ristrutturato. 

    Il campo d'aviazione, la cui unica attività coincise poi, a partire dagli anni sessanta con quella dell'Aeroclub Ancillotto di Venezia, è sempre rimasto inalterato, compresa la pista in erba e l'aerostazione in stile anni trenta con le sue linee neoclassiche, nostalgici testimoni di un'epoca d'oro dell'aviazione italiana e al contempo anche della stessa città di Venezia e del Lido come stazione balneare di fama internazionale. Fino a pochi anni fa, appese alle pareti, vi si potevano ancora trovare le vecchie bacheche per gli orari dei voli col primo logo Alitalia a strisce bianche e azzurre e alcune foto d'idrovolanti della coppa Schneider, non a caso disputata a Venezia per ben due volte, nel 1921 e nel 1927. 

    Nel 1994, in epoca d'inarrestabile progresso tecnologico e di turismo di massa, il Comune di Venezia creava il Consorzio di Gestione per l'aeroporto G. Nicelli, poi evolutosi nell'attuale Nicelli SpA. che, con la partecipazione di SAVE, Comune di Venezia, Camera di Commercio e Aeroclub Ancillotto, ha il fine di gestire la completa riqualificazione dell'aeroporto ed il suo rilancio come attività economica sul territorio. Il progetto approvato, già da alcuni anni in fase esecutiva, si propone di realizzare un nuovo scalo regionale aperto al traffico leggero privato, compreso il restauro conservativo dell'aerostazione e dei suoi arredi (fortunatamente posti sotto il vincolo delle belle arti per il loro alto valore architettonico), la pavimentazione della pista (1150 metri per 23) e la costruzione ex-novo di un blocco tecnico dell'ENAV e di tre nuovi hangar sul lato nordovest del campo, oltre ad una piazzola di 27 metri per 27 per l'elicottero del 118 sul lato opposto del campo, da realizzarsi a cura dell'USL 12. Tutto il progetto prevede il rispetto dello storico sito aeronautico, mantenendo invariato l'aspetto dell'aerostazione. Speriamo solo che in nome del progresso e delle necessità economiche dominanti, non si rinunci a conservare, almeno in parte, l'aspetto unico di un campo così denso di storia, onde evitare che il lavoro ammirevole d'intere generazioni di persone rischi d'andar perduto. 

    (di Bruno Delisi)

  • L' EREDITÀ DI NICELLI SPA

    di Bruno Delisi

    La decisione presa nel febbraio del 1954 dalla Commissione di studio per l'aeroporto delle Venezie di scegliere Tessera come luogo dove costruire la nuova struttura segna l'inizio della crisi del Nicelli, da oltre mezzo secolo storico scalo veneziano. 

    Già nei primi anni cinquanta le compagnie aeree, in attesa di una definitiva soluzione delle esigenze di atterraggio e decollo di velivoli di grosso tonnellaggio, avevano scelto per le linee internazionali il campo di Treviso, adottando poco dopo, con l'entrata in servizio dei Convair, la stessa misura anche per le linee nazionali. La crisi si aggrava con il trasferimento a Tessera nel 1967 delle Officine Aeronavali di Venezia (OAN), la cui presenza assicurava allo scalo lidense un intenso traffico di aerei di notevoli dimensioni, fino a giungere al suo culmine nel 1974 con l'abbandono del Presidio Aeronautico Militare. Da quel momento il traffico commerciale e il complesso aeroportuale, costituito dall'Aerostazione, dagli hangar delle OAN, e da altri manufatti minori, entra in una lunga fase di decadenza, mitigata solo dalla attività sportiva dell'Aeroclub G. Ancillotto. Tra i molti illustri presidenti ricordiamo Mario Mozzetti Monterumici che, insieme all. avv. Domenico Giuriati e all'on Giancquinto, tanto si adoperò in difesa dello scalo lidense e in epoca successiva Giancarlo Ligabue, promotore di indimenticate iniziative aeronautiche. Ancora oggi lascia ammirati l'organizzazione di Euromeeting 81, una "due giorni" ricca di presenze italiane ed estere, animata da esibizioni e acrobazie aeree che attrassero a San Nicolò migliaia di spettatori. 

    Nei momenti più difficili la questione Nicelli non manca di far sentire la sua voce sulla stampa e sui tavoli della politica tanto da determinare la costituzione di un Consorzio per il suo rilancio. Tuttavia occorre giungere agli anni novanta per assistere ad alcuni significativi segni di ripresa. Sono di quel tempo l'acquisto e il restauro intrapresi da Luciano Sorlini, noto imprenditore bresciano e appassionato aviatore, degli hangar ex OAN. Il vincolo, sollecitato dallo stesso Sorlini, apposto dalla competente Soprintendenza alla Aerostazione, pregiata espressione di architettura razionalista, e agli storici capannoni industriali, verrà a costituire altro stimolante spunto di valorizzazione del patrimonio. Pur consapevoli delle difficoltà e dei lunghissimi tempi connessi alla annosa questione, comuni cittadini ed autorevoli personaggi non perderanno il loro attaccamento al luogo e alla memoria dei protagonisti che lo resero grande. Alla affollata commemorazione di Umberto Klinger nel 1991 segue nel 1993 una petizione di oltre duemila firme per la dedica al fondatore delle Aeronavali del Lungomare che fiancheggia l'aeroporto. 

    Nel 1994 l'avvocato Ugo Bergamo, sindaco di Venezia, scrive in un periodico del Lido "Il momento economico italiano e veneto in particolare non è dei migliori e i tempi di attuazione del Master Plane per l'aeroporto sono lunghi ma si è ormai instaurato un processo irreversibile che, spinto dal comune consenso, vuole che l'aeroporto rinasca e con esso tutto l'insieme delle attività collegate. Ci auguriamo che la Sorlini SpA mantenga l'iniziativa e lo spirito imprenditoriale sino ad ora dimostrato e che dia inizio al più presto all'attività di manutenzione e revisione aeromobili. Tuttavia, malgrado l'impegno ed i capitali investiti, sfavorevoli circostanze non consentiranno a Sorlini di portare a termine i progetti industriali e al Consorzio di procedere alla realizzazione del previsto Master Plane. 

    La decisione dell'Aeronautica Militare di consegnare all'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile (ENAC) l'aeroporto a condizione che fosse mantenuto nel ruolo e disponibile, in caso di necessità, all'uso dell'Arma Azzurra, mutò lo scenario. Al Consorzio subentrò la società Nicelli SpA, cui l'ENAC nel settembre del 2000 affidò lo scalo in concessione in una prospettiva di recupero tecnico-funzionale. Nel 2001, al fine di procedere ai necessari lavori, gli azionisti (Comune, Camera di Commercio, SADE come azionista di riferimento, Aeroclub G. Ancillotto) sottoscrissero patti parasociali rafforzati nel 2003 da un protocollo d'intesa con importanti enti pubblici. A fianco degli azionisti nel documento per la "riqualificazione delle infrastrutture dell'aeroporto G. Nicelli del Lido di Venezia e suo inserimento territoriale" figurano Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regione Veneto, Magistrato delle Acque, ENAC, Ente Nazionale Assistenza al Volo (ENAV), Azienda ULSS 12 di Venezia. In tal modo prendono corpo le premesse burocratiche, tecniche e finanziarie che porteranno lungo un percorso non privo di difficoltà, alle prime realizzazioni. Nell'agenda dei lavori figuravano il restauro dell'aerostazione, la costruzione di un blocco tecnico ENAV (torre di controllo), di piazzali di manovra, di ricoveri per aerei, di una bretella e la riqualificazione della pista, esigenza fortemente sollecitata sin dagli anni cinquanta e periodicamente riproposta. 

    Il 12 maggio l'inaugurazione della restaurata aerostazione segna la conclusione di una prima, importante fase dell'impegno con il quale la Nicelli restituisce alla Città un bene, concepito e realizzato in funzione del volo, sapientemente riportato all'originale decoro. I motivi del nuovo indirizzo sono attribuibili a diversi fattori: al passaggio dell'aeroporto da mani militari a mani civili, agli interventi finanziari di Regione Veneto, di ENAC, di ENAV e di ULSS e, elemento di non poca importanza, all'insorgere di una volontà di guardare le cose con occhi nuovi, di dare all'aeroporto un ruolo compatibile con le aspirazioni cittadine, riconciliato con le passioni e gli interessi presenti nella sua lunga odissea. Ritroviamo il segno di tale volontà nel Convegno sull'Aviazione Generale (intesa in senso ampio e quindi comprensiva dell'aviazione ultraleggera) organizzato dalla Camera di Commercio con l'attiva partecipazione della Nicelli SpA, che si terrà a Venezia il giorno precedente l'inaugurazione dell' aerostazione. Gli argomenti sul tavolo (suddivisi in scenario nazionale, scenario internazionale, prospettive della domanda e dell'offerta, prospettive ed evoluzione della normativa) se da un lato spaziano in una dimensione italiana ed europea, dall'altra trovano realistiche ricadute sul Nicelli, protagonista non secondario, insieme ad altri fratelli aeroporti "minori", dell'incontro in questione, 

    Noi ci auguriamo che la faticosa rinascita dell'aeroporto di San Nicolò prosegua, magari con passo più leggero, seguendo soluzioni che lo riportino, in un quadro di modernità, amato e produttivo come al tempo dei personaggi che lo hanno fondato e sviluppato e che nel giorno della inaugurazione si intendono onorare. 

    (di Bruno Delisi)